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Il Natta Deambrosis in lutto

Alla Comunità Scolastica del Natta-Deambrosis
Studentesse, Studenti, Genitori, Famiglie, Docenti, Personale ATA



Carissimi tutti,
fare silenzio per rispetto e/o per discrezione, forse, sarebbe più opportuno? Isolarsi o fuggire dal resto del mondo può servire per farci soffrire di meno o per evitare di fare i conti con l’epilogo amaro di una brutta storia?

Chiedo a Voi, francamente, non so rispondere, ma sento il bisogno di parlarvi, sicura di trovare l’ascolto atteso, la calda vicinanza dell’animo e la sentita partecipazione nel pungente cordoglio, nonché varie forme di autentico conforto.

Certo è che risulta davvero difficile o, meglio, impossibile trovare le cosiddette parole “giuste”, che dicano qualcosa di utile e di sensato di fronte all’accaduto.
Quasi inevitabile è il rischio di ripetere messaggi già diffusi e scambiati nella concitazione di questi ultimi terribili giorni di trepida attesa, in cui ciascuno di noi non solo ha cercato, con insistenza infruttuosa, un perché, ma ha anche coltivato, con incauta caparbietà, quella speranza, che la scienza esatta, quasi da subito, ha rigettato per il riscontro di certe drammatiche evidenze, che poco spazio hanno lasciato al pensiero positivo della ripresa e del rimedio o, quantomeno, di una via di uscita, che avremmo ben accolto, magari con mesta rassegnazione, pur di non dover constatare la fine di un’illusione.

Di fronte ad un mistero impossibile da penetrare, che ha cancellato le certezze più incrollabili e ha costretto a mettere un ordine nuovo nella gerarchia dei valori e dei beni in nostro possesso, le ragioni del cuore, tuttavia, non hanno mai rinunciato ad alimentare la fragile speranza di un miracolo e a costruire la labile convinzione che una giovane creatura, appena sbocciata alla vita, potesse e anzi dovesse vincere, comunque, la sfida feroce del male e dell’iniquità.

La mancanza di quelle parole “giuste”, di cui si accennava sopra, non è affatto assenza di un intimo sentire che, nello sbigottimento, nella rabbia e nel dolore, ora ci accomuna increduli davanti ad una tragedia tanto inconcepibile quanto inaccettabile. Una tragedia che lascerà una cicatrice indelebile, in superficie, e una ferita sempre aperta in profondità e, pertanto, assai difficile da rimarginare.

Da tale tragedia ciascuno di noi, assieme agli altri che a lui sono più prossimi, è chiamato, però, ad uscire, non solo per rielaborare il vuoto abissale del lutto e per sopravvivere alla lacerazione della sofferenza, ma anche per crescere e consolidarsi, al di là dell’età anagrafica, nell’intelligenza del ragionamento, nella saggezza dei comportamenti, nella forza delle azioni, nel coraggio delle sfide.

Sono queste tutte virtù, qualità ed energie che sono proprie di ogni essere umano, seppur elargite in modi e in misure diverse, e che, per questo motivo, si esaltano nelle relazioni interpersonali e si materializzano specialmente nelle circostanze in cui il bisogno di aiuto si fa più urgente, per non spegnere, anche dentro, la vita di chi continua fisicamente a farsi strada tra le intemperie.

Allora, occorre, in questo momento più che mai, aprirsi con spirito solidale e fiducioso, al dialogo e al confronto, nonché alla guida di chi può meglio supportarci, per condividere le risorse residuali, ma immediatamente disponibili: sguardi, abbracci, strette di mani, pensieri, riflessioni, domande, risposte, lacrime, sfoghi, idee e ogni altra libera espressione del proprio travaglio, che chi è vicino sente e comprende.

Non spaventiamoci se, lì per lì, ci sembrano risorse deboli e insufficienti, per contrastare il ciclone che ci ha travolto, perché sono la nostra vera e, spesso, sottostimata dote da mettere in campo, anzi dobbiamo convincerci che tali risorse ben valgono e sono spendibili, se vengono messe assieme a quelle degli altri, unite con semplicità e volontà, proprio l’una accanto all’altra, per poter leggere il presente e per saper guardare con fiducia al futuro che ci attende.

Quanto è passato e ci ha attraversato, superata la fase acuta della tristezza e dell’abbandono, non mancherà di infondere, col tempo, il calore del ricordo affettivo di un’esperienza umana, ricca e meravigliosa, che ci ha dato tanta gioia e che sarebbe stato davvero un peccato non aver vissuto, per la paura di doverla interrompere.

Così nella difficoltà, ma nella reciprocità dello sforzo di resistere e di reagire alle avversità, potremo dare al quotidiano, nonché ai progetti di oggi e di domani, un senso non banale e trovare sempre un motivo valido per combattere le piccole e grandi battaglie dell’esistenza, evitando che la disperazione e il senso di impotenza abbiano dei margini duraturi e ampi per invaderci e per annientarci.

Forse non ci è dato di capire tutto e, quantomeno, subito, ma occorre impegnarsi per cercare e per costruire quel senso della vita che, solo a volte, si smarrisce, inducendoci a lavorare su noi stessi e sugli altri, per tirare fuori da tutti il meglio e, specialmente, per portare avanti quella missione di umanità che si realizza nel segno del bene e di progresso, anche a nome e per conto di chi ha interrotto prima la corsa, ma che è stato al nostro fianco, con la straripante voglia di fare e di andare avanti, condividendo l’amicizia, la fratellanza, l’amore, il gioco, il sorriso, la complicità, lo scherzo, lo studio e lo sport e tanto altro, che non si può affatto mettere in un misero elenco, destinato a rimanere incompleto.

Possiamo provare un poco di sollievo e accennare perfino un timido sorriso che rasserena e consola, sapendo magari che Andrea, in un’altra dimensione, ha raggiunto il babbo già sceso al suo capolinea e con lui parla, ride e corre verso altre ignote mete.

A noi, dunque, il compito di stare accanto, con delicatezza di sentimenti e concretezza di gesti, alla mamma e alla sorellina rimaste, con il resto della famiglia e con noi, da questa parte di quella barricata che, ad un certo punto, separa i destini, ma che non impedisce di mantenere in vita la corrispondenza invisibile tra chi va altrove e chi rimane al suo posto.

In virtù di questa “corrispondenza di amorosi sensi”, di cui scriveva un famoso poeta qualche secolo fa, indubbiamente Andrea continua a vivere nell’affetto e nella memoria di quanti lo hanno incontrato, conosciuto, frequentato e, soprattutto, benvoluto e amato, anche al Natta-Deambrosis, con l’entusiasmo vivacemente garbato dei suoi innocenti quattordici anni e con i suoi sogni che ci daremo un gran da fare per realizzare in questi anni futuri, che trascorreremo assieme a Scuola e, dovunque, ci ritroveremo ancora per vivere nuove esperienze e ricordare quelle passate che ci hanno fatto diventare grandi.

A tutti, e soprattutto alle nostre Studentesse e ai nostri Studenti della 1^B, un affettuoso abbraccio.

Sestri Levante, 17 gennaio 2023


Paola De Vincenzi

andrea

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Pubblicato il 16-01-2023