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Incontro con Vera Vigevani Jarach

"Non perdete mai la speranza, non siate mai indifferenti quando comincia a esserci qualcosa che non va". Vera Jarach lascia un messaggio preciso agli studenti di Chiavari e di Sestri Levante che ha incontrato online questa mattina. Una donna che ha vissuto sulla sua pelle due crimini della storia, la Shoah e la dittatura argentina: due storie e due continenti diversi, ma per lei lo stesso epilogo di morti senza tomba. Il nonno e la figlia. L’incontro è stato organizzato dall’Ufficio Scuola della Diocesi di Chiavari, in collaborazione con l’istituto di istruzione superiore “Natta”. Hanno partecipato anche alunni anche di diverse classi delle scuole “Marconi Delpino” e del Tecnico. Vera, "militante della memoria" che, con tutto quello che successo, dice: "Sono contenta della mia vita. Anche per mia figlia Franca. E' vero che me l'hanno portata via, ma l'ho anche avuta. Allora, ragazzi, non arrendetevi mai. E poi un augurio: gli amici sono la cosa più preziosa che si ha nella vita. E gli amici bisogna saperli conservare, non bisogna disperdere questo dono. E allora vi auguro di avere buoni amici"

Nella Seconda guerra mondiale, da bambina, lei non ha subito la deportazione, ma ha patito le leggi razziali? Cosa si ricorda?

L'essere cacciata da scuola per me fu un trauma fortissimo. Quando avevo dieci anni mio padre, che era un avvocato, mi portò davanti al tribunale per spiegarmi cosa fosse la giustizia. Passarono pochi giorni e mi cacciarono dalla scuola. Ero piccola, ma mi ricordo che protestai subito: "Non questa la giustizia che mi hai insegnato". Ho capito che era una grande ingiustizia. Ho capito quello che stava succedendo: come lo poteva capire un bambino di undici anni, ma l'ho capito. E da quel momento tutto cambiato. Vedi le preoccupazioni dei genitori, ti fai domande, che sono diverse da quelle di un bambino, e la tua infanzia finisce.

Che domande?

Perché ad una guerra tremenda ne succede un'altra e poi un'altra ancora? Che senso ha la vendetta? Capisci l'importanza della partecipazione. Da lì è nato probabilmente il mio impegno nella vita a decidere in ogni momento per la giustizia.

Giustizia, giustizia secondo Costituzione, che dopo la dittatura militare in Argentina avete aspettato pazienti

La vendetta non serve a niente, l'odio non serve a niente. Serve la giustizia vera, che abbiamo aspettato a lungo ma ragionando, lottando anche: perché per molti anni di processi non ce ne sono stati. Prima di essere testimone in un processo in Argentina lo sono stata in Italia, ma erano processi 'speciali' perché gli accusati non c'erano. Ma è stato importante, contro il silenzio.

Vera è nata a Milano nel 1928. Undici anni più tardi, dopo aver patito gli effetti delle prime leggi razziali che le impedirono di continuare ad andare alla sua scuola "un trauma fortissimo" ricorda - la sua famiglia scelse di emigrare in Argentina. Era il 1939. In Italia rimase solo il nonno materno, Ettore Felice Camerino, sessantottenne antiquario che non si sentiva di ricominciare da capo un'altra vita: poi, quando alla fine del 1943 capì che non solo i diritti di cittadini ma anche la vita degli ebrei in Italia era in pericolo, provò a fuggire in Svizzera ma fu tradito. Da altri italiani. Per un ebreo si pagavano fino a cinque mila lire, l'equivalente di un piccolo appartamento.

In Argentina Vera si è sposata ed è stata, fino alla pensione, giornalista all'Ansa di Buenos Aires. Sua figlia Franca scomparve a diciotto anni il 26 giugno 1976 e di lei non si seppe più nulla fino a poco tempo fa, quando una donna le ha raccontato tutto, una sopravvissuta al campo di concentramento dell'Esma, la scuola ufficiali della Marina argentina militare usata come centro di detenzione e tortura. L'attesa durata venti anni ma in fondo è stata più fortunata di tanti altri, che dei loro cari scomparsi trentamila desaparecidos dal 1976 al 1983 - non hanno saputo più niente. Franca fu drogata e gettata un mese dopo l'arresto da un aereo nel Rio de La Plata. Nel 1978 in Argentina si giocavano i Mondiali di calcio, ma il mondo non si accorse di cosa stava succedendo. Molti chiusero gli occhi. Da allora Vera Vigevani appartiene al movimento delle Madres de Plaza de Mayo ed è diventata una "militante della memoria": il fazzoletto bianco in testa che porta sempre nelle cerimonie ufficiali, i capelli ormai bianchi, la vista che negli ultimi anni si è fatta debole ma la voglia di testimoniare e continuare a raccontare.

A cura del Prof. Don Alberto Gastaldi

Vera Vigevani Jarach_02

CIRC. n°310 del 20/01/2023 - INCONTRO CON VERA VIGEVANI JARACH 07/02/2023 ORE 09:50

Vera, militante della memoria: "Non siate mai indifferenti"
(da il Secolo XIX del 08/02/2023)

Il commovente incontro di Vera Vigevani Jarach con gli studenti di Chiavari e Sestri Levante
(radioaldebaran.it)

L'emozionante incontro con Vera Vigevani Jarach
(primaillevante.it)

Vera Vigevani ai giovani: “Non siate indifferenti quando qualcosa non va”
(www.teleradiopace.tv)


Pubblicato il 07-02-2023